Schema di decreto ministeriale Investment Management Exemption (IME)

Commenti inviati dall’UGDCEC Milano al Ministero dell’Economia e delle Finanze e all’Agenzia delle Entrate

CONSULTAZIONE PUBBLICA DEL 20 OTTOBRE 2023 – BOZZA DI PROVVEDIMENTO CONTENENTE LE LINEE GUIDA PER DARE ATTUAZIONE ALLE MODIFICHE IN MATERIA DI INVESTMENT MANAGEMENT EXEMPTION (IME).

Spett.le Agenzia delle Entrate,

ringraziandoVi per l’occasione di confronto concessa, siamo lieti di poterVi fornire, di seguito, alcune brevi osservazioni e proposte di modifica alla bozza di provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate volto a dare attuazione alle disposizioni di cui all’art. 162, comma 7-quater lettera d), del TUIR.

1.          Metodi TP
Tematica

Applicazione dei metodi per la determinazione dei prezzi di trasferimento.

Paragrafo del provvedimento

Paragrafi 3 e 4.

Osservazioni

Gli scriventi rilevano una incoerenza tra i principi delineati al paragrafo 3 del provvedimento, ossia i criteri che guidano la selezione della migliore metodologia di transfer pricing, e le indicazioni (rectius imposizioni) metodologiche dettate nel successivo paragrafo 4.

Contributo

Le indicazioni metodologiche fornite all’interno dei punti 4.2, 4.3 e 4.4. non risultano, ad avviso degli scriventi, pienamente conformi agli standard della prassi internazionale.

Ci si riferisce, in particolar modo:

  • alla preferenza per il CUP, in prima battuta, e il Profit Split, in subordine, così introducendo un criterio gerarchico dei metodi;
  • all’obbligo di motivazione “rafforzata” nel caso in cui non fosse possibile applicare le suddette metodologie (CUP e Profit Split), laddove la transazione presenti dei “rischi economici significativi”;
  • all’impossibilità di impiegare un indicatore finanziario che utilizzi i costi come “base di commisurazione”, sempre nel caso in cui la transazione presenti dei “rischi economici significativi”.

Come emerge infatti chiaramente dalle Linee Guida OCSE – nonché, da ultimo, dalla proposta di Direttiva Europea in materia di transfer pricing, volta a rendere omogenea tale disciplina all’interno delle normative domestiche degli Stati Membri dell’Unione Europea – non esiste una gerarchia tra i diversi metodi messi a disposizione dei contribuenti volta a promuovere l’utilizzo di un metodo piuttosto che di un altro[1].

Inoltre, sempre secondo la prassi internazionale[2], il contribuente, al fine di determinare il prezzo di libera concorrenza, in relazione alle transazioni intercorse tra imprese consociate, sembrerebbe avere piena facoltà di scelta del metodo più idoneo, senza che vi sia necessità di dover enucleare “le ragioni di esclusione” del metodo del confronto del prezzo o di altro metodo tradizionale3.

Su queste basi, dunque, è auspicabile che il provvedimento si limiti a chiarire che qualsiasi metodologia per la determinazione dei prezzi di trasferimento risulta appropriata nel caso in cui questa sia ritenuta tale ad esito dell’analisi condotta avendo riguardo ai criteri delineati all’interno del paragrafo 3.

Laddove, invece, si volesse mantenere il già menzionato criterio gerarchico, sarebbe auspicabile perlomeno che:

  • il provvedimento non richieda un obbligo di motivazione “rafforzata” nel caso in cui il contribuente individui quale metodologia più appropriata una metodologia diversa dal CUP e dal Profit Split;
  • vengano delineati quali sono, ad avviso dell’Agenzia delle Entrate, i “rischi significativi”.

Quest’ultimi, infatti, assumono assoluta rilevanza con riguardo sia ai “servizi di gestione degli investimenti” che ai “servizi connessi e strumentali all’attività di gestione degli investimenti”, fatto in quest’ultimo caso salvo quanto si commenterà infra.

Finalità

Non creare disparità tra il contesto normativo italiano e quello europeo/internazionale. 

2.          Portata precettiva del provvedimento
Tematica

Portata precettiva delle disposizioni recate dal provvedimento.

Paragrafo del provvedimento

Paragrafi 4, 5 e 6.

Osservazioni

Si propone di uniformare la formulazione delle disposizioni del provvedimento sotto forma di precetti.

Contributo

Il provvedimento in parola, giusta la delega di cui all’art. 162, comma 7-quinquies, ultimo periodo, è preposto a definire le “linee guida” per l’applicazione delle norme in materia di prezzi di trasferimento alla remunerazione del soggetto operante in Italia qualora svolga la propria attività “nell’ambito di accordi con entità appartenenti al medesimo gruppo”. La locuzione “linee guida” pare mutuata dall’omologo documento in materia di prezzi di trasferimento pubblicato dall’OCSE. I contenuti delle Linee Guida OCSE, tuttavia, sono strutturalmente prive di portata precettiva e, per loro natura, dotati di un certo grado di flessibilità. Con riferimento al caso di specie, viceversa, le “linee guida” sono contenute in un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate che parrebbe inquadrabile come un atto amministrativo generale e, in alcuni punti, pare recare disposizioni dotate di puntuale portata precettiva[3]. Al contempo, in altri passaggi il provvedimento adotta formulazioni diverse, di norma rinvenibili con maggiore frequenza in documenti di prassi dell’Agenzia non aventi portata precettiva, volti a far conoscere le posizioni interpretative di quest’ultima (es. circolari, risoluzioni). Si segnala, in tal senso: 

  • il punto 4.2 ove il provvedimento afferma: “[…] si ritiene che il metodo più appropriato sia il Metodo del confronto del prezzo”;
  • il punto 4.3, ove si specifica che qualora nessuno dei metodi indicati al punto 4.2. può essere applicato in maniera affidabile, “è preferibile selezionare” altri metodi di seguito dettagliati.

Tale formulazione pone dei dubbi in merito alla portata precettiva sia di tali disposizioni singolarmente prese, sia del provvedimento nel suo complesso: non è del tutto chiaro se le indicazioni contenute nel provvedimento debbano intendersi sempre e comunque come dei precetti vincolanti oppure vadano interpretati con un certo grado di flessibilità, alla stregua di mere “linee guida”, per l’appunto.

La risposta a tale interrogativo ha conseguenze pratiche rilevanti, in particolar modo nelle ipotesi in cui il contribuente, avendo riguardo al caso concreto, ritenga più opportuno disattendere le indicazioni del provvedimento (es. utilizzare uno dei metodi che utilizzano un indicatore finanziario che i costi come base di commisurazione, contrariamente a quanto previsto dal punto 4.3). A seconda della risposta a tale interrogativo, il prospettato comportamento del contribuente potrebbe compromettere o meno l’accesso all’IME.

Finalità

Chiarire se le disposizioni del provvedimento rechino a tutti gli effetti dei precetti oppure indicazioni dotate di un maggiore grado di flessibilità.

3.          Natura dei servizi
Tematica

Natura dei servizi connessi e strumentali.

Paragrafo del provvedimento

Paragrafo 5.

Osservazioni

Gli scriventi rilevano una potenziale sovrapposizione tra le attività di cui al punto 4.1, lett. c) e le attività di cui al punto 5.1, lett. a) dello schema di provvedimento.

Contributo

Ad avviso degli scriventi, la linea di demarcazione tra le attività di commercializzazione esemplificate al punto 4.1, lett. c) e le attività che consentono di promuovere e sviluppare l’attività di gestione degli investimenti esemplificate al punto 5.1, lett. a) non risulta essere netta. 

Pertanto, si potrebbero verificare talune sovrapposizioni con annesse incertezze circa il metodo da utilizzare ai fini della valorizzazione, in base al principio di libera concorrenza, della remunerazione associata alle attività svolte nel caso concreto. 

Ci si riferisce, in modo particolare, alle disposizioni del punto 5.3, il quale – nella circostanza in cui le prestazioni di servizi connessi e strumentali implichino l’assunzione di rischi economicamente significativi – prevede una deroga alla disciplina di carattere generale relativa ai servizi in parola di cui al punto 5.2, rimandando ai metodi indicati nei precedenti punti 4.2. e 4.3 riguardanti (in linea di principio) i servizi di gestione degli investimenti stricto sensu.

Alla luce di quanto sopra, si ritiene auspicabile che l’ambito di applicazione del punto 5 venga ristretto alle sole attività di carattere ausiliario (a titolo di esempio, inserendo siffatto termine anche al punto 5.1., lett. a) ovvero unendo le due attuali lettere) in modo tale da creare un solco più profondo rispetto all’ambito di applicazione del punto 4 ed agevolare, quindi, la qualificazione dell’attività di volta in volta rilevante, unitamente alla selezione del metodo da utilizzare ai fini della relativa valorizzazione.

Qualora si adottasse tale impostazione si ritiene, peraltro, che la deroga prevista al punto 5.3. si renderebbe di fatto superflua. Infatti, a parere di chi scrive, è ragionevole escludere che attività meramente ausiliarie alla gestione degli investimenti possano implicare l’assunzione di rischi economicamente significativi. Pertanto, in un’ottica di semplificazione, si ritiene auspicabile che alla modifica sopra delineata si accompagni anche l’eliminazione del punto 5.3.

Finalità

Agevolare la qualificazione delle attività e la relativa remunerazione. Semplificare lo schema di provvedimento.

4.          Aggregazione di operazioni
Tematica

Chiarimenti in merito alla portata applicativa della disposizione inerente le “aggregazioni di operazioni” di cui al punto 6 della bozza di provvedimento.

Paragrafo del provvedimento

Paragrafo 6.

Osservazioni

Si rileva una stesura del paragrafo poco chiara che necessita di alcuni chiarimenti.

Contributo

Il paragrafo in questione dispone che i soggetti o stabili organizzazioni che prestano congiuntamente servizi di gestione e servizi connessi e strumentali all’attività di gestione di gestione degli investimenti nell’ambito di accordi con entità del Gruppo e “le operazioni che hanno a oggetto tali servizi risultano tra loro strettamente legate, o formano un complesso unitario, tale da non poter essere valutate separatamente in maniera affidabile, tali operazioni devono essere aggregate ai fini dell’applicazione del metodo da individuare”. 

Orbene, ai sensi del punto 3.1 della bozza di provvedimento si deriva che il termine “operazione” si riferisce a “uno o più servizi indicati nel punto 2.4” ovvero “a) i servizi di gestione degli investimenti; b) i servizi connessi e strumentali all’attività di gestione degli investimenti” a loro volta definiti ai successivi punti 4.1 e 5.1.

Il paragrafo 6 della bozza di provvedimento si riferisce, dunque, alle “operazioni” complesse ove “servizi di investimento” e “servizi connessi e strumentali” non siano suscettibili di valutazione autonoma. 

La fattispecie parrebbe difficilmente individuabile posto che trattasi di attività con valorizzazioni dal peso economico differente. 

Inoltre, sotto il profilo prettamente applicativo risulta difficile come interpretare/individuare il confine entro cui considerare operazioni tali “da non poter essere valutate separatamente in maniera affidabile”. Non si comprende, altresì, come interpretare il significato delle locuzioni “strettamente legate”. 

La norma è labile di diverse interpretazioni e nelle more di una formulazione più dettagliata potrebbe essere eliminata ovvero fare riferimento ai principi generali OCSE sviluppati per situazioni analoghe.

Finalità

Chiarire la portata applicativa della norma, ovvero, eliminare dal provvedimento una disposizione suscettibile di interpretazioni non univoche.

5.          Penalty protection
Tematica

Applicazione del regime di penalty protection in caso di predisposizione di documentazione idonea di transfer pricing.

Paragrafo del provvedimento

Paragrafo 7.

Osservazioni

Gli scriventi rilevano una potenziale disparità di trattamento a fronte dello stesso comportamento virtuoso del contribuente che, pur avendo predisposto la documentazione idonea di transfer pricing, non possa beneficiare del regime della penalty protection nel caso in cui non si applichi l’IME per mancanza in tutto o in parte delle altre condizioni dettate dal comma 7-quater dell’art. 162 del TUIR.

Contributo

Il paragrafo 7 del Provvedimento stabilisce come, al fine di riscontrare la conformità sulla determinazione dei prezzi di trasferimento, il contribuente dovrà predisporre la documentazione di transfer pricing secondo le indicazioni contenute nel Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 23 novembre 2020. 

Come noto, la predisposizione di tale documentazione, se ritenuta idonea, consente di beneficiare della non applicazione delle sanzioni per infedele dichiarazione ai sensi dell’articolo 1, comma 6, e dell’articolo 2, comma 4-ter, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 47 (c.d. penalty protection regime).

Tenuto conto che la documentazione di transfer pricing, per essere considerata idonea, deve essere firmata dal legale rappresentante del contribuente (o da un suo delegato) – mediante firma elettronica con marca temporale da apporre entro la data di presentazione della dichiarazione dei redditi –, si potrebbe verificare la situazione paradossale per la quale la stessa documentazione di transfer pricing venga considerata idonea a garantire la penalty protection per il soggetto italiano che l’ha predisposta relativamente alle transazioni richieste dal Provvedimento in commento (paragrafo 2), ma, allo stesso tempo, non idonea a garantire la penalty protection nel caso in cui l’IME (i) non trovasse applicazione –  per mancanza in tutto o in parte delle altre condizioni dettate dal comma 7-quater dell’art. 162. – e (ii) venisse contestata una stabile organizzazione del veicolo di investimento non residente.

Invero, in tal caso, la stabile organizzazione così riconosciuta sarebbe formalmente un altro soggetto (diverso) rispetto a chi ha presentato (e firmato) la documentazione idonea e pertanto potrebbe non beneficiare del regime della penalty protection, come se tale documentazione non fosse mai stata predisposta.

Ad avviso degli scriventi, pertanto, si ritiene auspicabile chiarire come, la documentazione di transfer pricing se è ritenuta idonea a garantire la penalty protection per il soggetto italiano che l’ha predisposta lo è altrettanto per la stabile organizzazione eventualmente contestata in Italia in caso di non applicazione del regime IME.

Finalità

Non creare disparità di trattamento per il contribuente che ha predisposto l’idonea documentazione di transfer pricingevitando quindi un eccessivo trattamento penalizzante al fine di non disincentivare ulteriormente le attività di gestione dei fondi di investimento svolte nel territorio nazionale.


[1] Cfr. primo periodo del paragrafo 2.2. delle Linee Guida OCSE: “The selection of a transfer pricing method always aims at finding the most appropriate method for a particular case”.

[2] Cfr. (i) ultimo period del paragrafo 2.2. delle Linee Guida OCSE: “…No one method is suitable in every possible situation, nor is it necessary to prove that a particular method is not suitable under the circumstances”, (ii) il paragrafo 2.8 delle Linee Guida OCSE: “The guidance in paragraph 2.2 that the selection of a transfer pricing method always aims at finding the most appropriate method for each particular case does not mean that all the transfer pricing methods should be analysed in depth or tested in each case in arriving at the selection of the most appropriate method”, nonché (iii) l’indicazioni riportate al paragrafo delle Linee Guida OCSE rubricato “Annex II to Chapter V Transfer Pricing Documentation – Local file”: “An indication of the most appropriate transfer pricing method with regard to the category of transaction and the reasons for selecting that method”.

[3] Si veda, a titolo di esempio, i punti 5.3 e 6.1, ove si rinvengono le seguenti locuzioni: “[…] deve avvenire attraverso l’applicazione di un metodo da individuare tra […]”,  “[…] tali operazioni devono essere aggregate […]”.


CONSULTAZIONE PUBBLICA CONCERNENTE LO SCHEMA DI DECRETO MINISTERIALE DI ATTUAZIONE DELL’ARTICOLO 1, COMMA 255, DELLA LEGGE 29 DICEMBRE 2022, N. 197, RECANTE INDIVIDUAZIONE DEI REQUISITI DI INDIPENDENZA DEI VEICOLI DI INVESTIMENTO NON RESIDENTI, NONCHÉ ATTUAZIONE DELL’ARTICOLO 162, COMMI 7-TER E 7-QUATER, DEL TUIR.

Egregi Signori,  

ringraziandoVi per l’occasione di confronto concessa, siamo lieti di poterVi fornire, di seguito, alcune brevi osservazioni e proposte di modifica allo schema di decreto ministeriale in consultazione.

***

1. Presunzione di indipendenza e società intermedie.
Tematica

Nozione di veicolo di investimento non residente

Articolo, comma, periodo dello schema di decreto ministeriale

Art. 1, c. 2, dello schema di decreto ministeriale

Osservazioni

La presunzione di indipendenza non sembra poter essere applicabile ad entità intermedie attraverso le quali vengono acquisite le società target.

Contributo

Un’entità intermedia (come, ad esempio, uno special purpose vehicle ovvero una holding intermedia) attraverso la quale vengono acquisite le società target che non possa essere classificata come un “veicolo di investimento non residente” ai sensi dell’attuale formulazione dell’art. 1, c. 2, dello schema di decreto ministeriale (ad esempio, in ragione del fatto che non è soggetta a forme di vigilanza prudenziale) non sembra poter rientrare nell’ambito di applicazione della presunzione di indipendenza in esame.

A tale riguardo, non sembra assumere rilievo la previsione del successivo comma 3, secondo la quale le “società controllate, direttamente o indirettamente, dai veicoli di investimento di cui al comma 2, non residenti nel territorio dello Stato, devono essere residenti, ai fini fiscali, in uno Stato o territorio di cui all’articolo 11, comma 4, lettera c), del decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239“. In base al suo tenore letterale, tale disposizione sembra, infatti, potersi ricollegare all’indipendenza del soggetto operante nel territorio dello Stato rispetto ad un “veicolo di investimento non residente” (come definito nel precedente comma 2) che investa (anche) per il tramite di “sue controllate” e non tanto all’indipendenza del soggetto operante nel territorio dello Stato rispetto a tali società.

In quest’ottica, si potrebbe, dunque, giungere alla paradossale fattispecie in cui la presunzione di indipendenza in parola opera con riferimento al rapporto che intercorre tra il soggetto operante nel territorio dello Stato e il “veicolo di investimento non residente”, ma non valga nel rapporto tra il soggetto operante in Italia ed eventuali entità (non residenti) partecipate dal “veicolo di investimento non residente” che effettuano gli investimenti nelle società target, nei cui confronti – quindi – non sembra potersi escludere la configurabilità di una stabile organizzazione in Italia (laddove ne sussistano i presupposti).

Si ritiene, pertanto, auspicabile che, nella sua versione definitiva, l’art. 1, c. 2, del decreto ministeriale contenga una disposizione volta ad estendere l’ambito di applicazione della presunzione in commento anche a siffatte entità.

Finalità

Coerenza sistematica nell’applicazione della presunzione di indipendenza avendo riguardo alle strutture di investimento tipicamente utilizzate.

2. Definizione di OICR indipendente.
Tematica

Nozione di veicolo di investimento non residente

Articolo, comma, periodo dello schema di decreto ministeriale

Art. 1, c. 2, dello schema di decreto ministeriale

Osservazioni

I requisiti richiesti dallo schema di decreto per integrare la qualificazione di OICR indipendente white-list sembrano presentare alcuni profili di eccessiva onerosità per il contribuente. Si rilevano, altresì, eventuali sovrapposizioni tra le definizioni di cui all’art. 1, c. 2, lett. b) e art. 1, c. 2., lett. c).

Contributo

Il secondo dei due requisiti richiesti per consentire agli organismi di investimento collettivo del risparmio white-list di integrare la qualificazione di “veicolo di investimento” ai sensi della lett. b), secondo comma, dello schema di decreto (ossia che questi siano “regolati da normative sostanzialmente equivalenti a quelle di cui alla direttiva 2009/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, ovvero alla direttiva 2011/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio dell’8 giugno 2011”) comporta, ad avviso degli scriventi, un significativo aggravio per i contribuenti.

Invero, oltre ad una già complessa valutazione tecnica in merito ai diversi elementi che compongono il primo dei due requisiti richiesti (i.e. che “il patrimonio dell’organismo è raccolto presso una pluralità di investitori, gestito in monte nell’interesse degli investitori e in autonomia dai medesimi soggetti in base a una politica di investimento predeterminata”, essenziali, come noto, per ritenere integrata l’assimilazione del soggetto estero ad un OICR), viene richiesto al contribuente di effettuare un’ulteriore valutazione, ancor più tecnica, circa l’applicazione di “regole sostanzialmente equivalenti” alla Direttiva UCITS, per quanto concerne il fondo, o alla Direttiva AIFM, per quanto riguarda il gestore; e ciò anche con l’alta probabilità che, trattandosi di una valutazione soggettiva, questa possa essere facilmente contestata da parte dei verificatori.

In considerazione di ciò, ed in coerenza sia con quanto avviene in contesti analoghi, come, ad esempio, quello dei fondi immobiliari, sia con quanto viene già previsto per valutare l’appartenenza alla successiva terza categoria dei cd. “veicoli di investimento”, ossia gli Enti di cui alla lettera c), si ritiene auspicabile che il predetto ulteriore requisito venga meno, oppure, in via subordinata, che sia direttamente il MEF o l’Agenzia delle Entrate a produrre un elenco delle giurisdizioni che presentano normative “sostanzialmente equivalenti” a quelle previste dalle citate Direttive, così da agevolare l’attività del contribuente, evitando inutili possibili contenziosi.

Laddove si dovesse poi propendere per la prima soluzione, si giungerebbe alla logica conclusione di una sostanziale assimilazione tra la seconda categoria dei “veicoli di investimento” (i.e. gli OICR) e la terza categoria (i.e. gli Enti), dovendo entrambi integrare i tre requisiti tipici degli OICR, ossia (i) una politica di investimento predeterminata; (ii) la presenza di una pluralità di investitori e (iii) una gestione nell’interesse degli investitori e in autonomia dai medesimi, oltre alla “vigilanza prudenziale”, per poter assumere la qualifica di “veicolo di investimento”. Di talché, sarebbe forse a questo punto auspicabile andare a differenziare la terza categoria (che rimane soggetta agli ulteriori requisiti di cui all’art. 2 dello schema di decreto per soddisfare la presunzione di indipendenza) dalla seconda (che invece ne rimane “immune”) facendo venire meno proprio il requisito della vigilanza prudenziale. Difficilmente, infatti, un ente non residente che presenta i predetti requisiti non troverebbe posto all’interno della seconda categoria.

In termini generali non si comprende la reale portata della definizione di cui all’art. 1, c. 2, lett. c) che potrebbe anche ricomprendere al suo interno anche quella – più stringente – degli OICR di cui alla lett. b) e, nello specifico, la locuzione a questi riferita “soggetti a vigilanza” lascia aperti a sua volta numerosi dubbi interpretativi in ragione della genericità della formulazione. Anche in merito a quest’ultimo punto, si rimanda al commento già formulato sul requisito della vigilanza per gli OICR white-list di cui al punto precedente.

Finalità

Rendere maggiormente certo l’accesso alla presunzione legale escludendo possibili contenziosi su profili regolamentari.

Chiarire l’ambito soggettivo di applicazione di cui all’art. 1, c. 2, lett. c).

3. Cariche amministrative e requisito di indipendenza.
Tematica

Divieto di ricoprire cariche amministrative o di controllo nel veicolo d’investimento o sue controllate.

Articolo, comma, periodo dello schema di decreto ministeriale

Art. 2, c. 2, dello schema di decreto ministeriale – Art. 162, c. 7-quater, lett. c), TUIR.

Osservazioni

Sebbene la formulazione proposta delinei in termini restrittivi l’ambito di applicazione del divieto, permangono alcuni effetti che paiono contrari alla finalità dell’istituto.

Contributo

Lo schema di decreto ministeriale sembra delineare in termini restrittivi il divieto per il soggetto che opera in Italia di ricoprire cariche negli organi di amministrazione e di controllo del veicolo di investimento e di sue controllate, dirette o indirette. L’art. 2, c. 2, riferisce espressamente tale divieto al solo veicolo di investimento e alle “controllate, dirette o indirette, non residenti nel territorio dello Stato, del medesimo veicolo”, diversamente dall’art. 162, c. 7-quater, lett. c), TUIR, che non reca quest’ultima specificazione. In secondo luogo, la disposizione in parola precisa che il divieto si riferisce esclusivamente alle cariche operative, aprendo quindi alla possibilità di rivestire cariche non esecutive, nonché di ottenere deleghe una tantum per il compimento di atti specifici. 

Tale formulazione appare coerente con la finalità attrattiva del regime in parola. Ciò premesso, l’IME necessiterebbe tuttavia di alcuni interventi correttivi a livello di normativa primaria e il divieto di cui all’art. 162, c. 7-quater, lett. c), TUIR pare rientrare tra questi. La soluzione proposta dallo schema di decreto, ancorché condivisibile, non pare comunque idonea a risolvere il problema di fondo, che richiederebbe, a ben vedere, l’eliminazione integrale di tale disposizione. A tal proposito merita ricordare che tale divieto non è presente né nell’omologo regime vigente nel Regno Unito (a cui l’IME si ispira), né nel primo disegno di legge del 2019 avente ad oggetto l’introduzione dell’IME nell’ordinamento italiano[1].

Anche nell’assetto proposto dall’art. 2, c. 2, dello schema di decreto ministeriale, infatti, paiono emergere delle criticità operative che possono minare la concreta rilevanza dell’IME. Se, da un lato, l’apertura recata da tale disposizione consente, ad esempio, alle advisory company operanti in Italia di avere propri dipendenti quali consiglieri con ruoli esecutivi negli organi amministrativi e di controllo della c.d. società target, nonché dell’eventuale holding intermedia fiscalmente residente in Italia, per altro verso l’operatività dell’IME risulterebbe in ogni caso preclusa nei casi in cui il gestore estero (mediante propri dipendenti) assuma cariche amministrative nel veicolo d’investimento estero, nonché nelle sue controllate estere. Tale differente trattamento porta in luce alcuni possibili effetti che non appaiono del tutto coerenti con la finalità della disciplina. Ad esempio, nelle strutture d’investimento può accadere che la holdingintermedia, fiscalmente residente in Italia, sia a sua volta controllata da una holding intermedia estera, solitamente residente in un altro paese UE (o, comunque, white-list). In una simile fattispecie non risulta del tutto chiaro in quale modo la circostanza che il gestore estero possa disporre di cariche amministrative esecutive solo nella holding italiana e non anche nella holding estera (white-list) possa costituire un migliore presidio delle ragioni erariali, mediante la preclusione all’accesso all’IME nel secondo caso. 

Un analogo interrogativo si pone con riferimento al veicolo estero e pare particolarmente significativo con riferimento ai fondi alternativi esteri, che sovente assumono la veste giuridica di società di capitali: in tali ipotesi è assai frequente nella prassi commerciale che il gestore assuma cariche amministrative esecutive in tale entità giuridica.

A tal proposito, merita osservare che, qualora il veicolo d’investimento estero, analogamente a quanto avviene in Italia, assuma la forma giuridica di un mero patrimonio separato della società di gestione estera, tale problema non dovrebbe mai porsi, in quanto il fondo, di per sé, non è dotato di un proprio organo gestorio autonomo. Ciononostante, in tale fattispecie, assumendo che gli “asset” del fondo siano in ogni caso parte del patrimonio (ancorché separato) della società di gestione estera, eventuali atti dispositivi sugli stessi dovrebbero essere di norma comunque compiuti dagli amministratori della stessa società di gestione estera o da dipendenti muniti di idonee procure. In tali ipotesi, non dovrebbe verificarsi alcuna preclusione all’applicabilità dell’IME proprio in virtù dell’assenza di un organo gestorio del fondo separato da quello della società di gestione. Ove così fosse, tuttavia, il regime IME parrebbe discriminare in ragione della forma giuridica del veicolo d’investimento.

In definitiva, parrebbe auspicabile procedere innanzitutto alla rimozione del divieto in parola dalla normativa di rango primario.

Finalità

Assicurare un ampio ambito di applicazione concreto del regime IME, allineandolo a quanto previsto dall’omologo regime IME del Regno Unito.

4. Documentazione TP e appartenenza al Gruppo.
Tematica

Onere di predisporre la documentazione idonea a supporto della conformità al principio di libera concorrenza

Articolo, comma, periodo dello schema di decreto ministeriale

Art. 3, c. 3, dello schema di decreto ministeriale

Osservazioni

Il requisito relativo al possesso della documentazione idonea di transfer pricing sembra essere applicabile solo nel caso in cui il soggetto residente (o la stabile organizzazione italiana) sia appartenente ad un gruppo e che presti servizi con entità dello stesso.

Contributo

Con riferimento alla documentazione di transfer pricing, l’art. 162, c. 7-quater, recita che “(l)e disposizioni del comma 7-ter si applicano a condizione che: (…) d) il soggetto residente, o la stabile organizzazione nel territorio dello Stato del soggetto non residente, che presta servizi nell’ambito di accordi con entità appartenenti al medesimo gruppo riceva, per l’attività svolta nel territorio dello Stato, una remunerazione supportata dalla documentazione idonea di cui all’articolo 1, comma 6, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471”.

Inoltre, secondo l’attuale formulazione dell’art. 3, c. 3, dello schema di decreto ministeriale, ai fini dell’applicazione del regime di esenzione in esame, tale soggetto se presta servizi nell’ambito di accordi con entità appartenenti al medesimo gruppo, possiede la documentazione della remunerazione ricevuta, idonea a consentire il riscontro della conformità al principio di libera concorrenza di cui all’articolo 1, comma 6, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471.”

Pertanto, in base ad un’interpretazione letterale di quanto sopra, sembrerebbe che un soggetto residente (o una stabile organizzazione italiana di un soggetto non residente) che non fa parte di un gruppo potrebbe non rientrare nell’ambito (soggettivo) di applicazione di tali disposizioni e, pertanto, essere escluso dalla normativa IME. Sarebbe tuttavia paradossale escludere dal regime in parola entità che, a parità del verificarsi di tutte le altre condizioni del regime IME, semplicemente non fanno parte di un gruppo.

Invece, nella relazione illustrativa allo schema di decreto in esame, si rileva come debba essere in possesso della documentazione di transfer pricing il soggetto residente nel territorio dello Stato o la stabile organizzazione del soggetto non residente nel territorio dello Stato che svolge l’attività nel medesimo territorio in nome o per conto del veicolo di investimento non residente o di sue controllate, dirette o indirette.”  

Pertanto, nella relazione illustrativa non vi sarebbe (più) menzione, come presupposto soggettivo, della necessità di essere in presenza di un soggetto che presta servizi nell’ambito di accordi con entità appartenenti al medesimo gruppo.

In considerazione di ciò, si ritiene quindi auspicabile che nella versione definitiva del decreto sia chiarito come, per coerenza sistemica, l’applicazione del regime IME riguarda società residenti (o stabili organizzazioni italiane di soggetti non residenti) a prescindere dal fatto che facciano o meno parte di un gruppo, come peraltro è previsto secondo la normativa IME del Regno Unito, dalla quale l’ordinamento italiano trae ispirazione.

Finalità

Coerenza sistematica nell’applicazione del regime IME anche alle società residenti (o stabili organizzazioni italiane di soggetti esteri) che non fanno parte di un gruppo.


[1] Proposta di Legge n. 1971/2019.


Commissione fiscalità internazionale

Giulio Tombesi

Marco Belloni

Daniele Frescurato

Velio Alessandro Moretti

Federico Bortolameazzi 

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